La richiesta di dati per l’aggiornamento dell’anagrafe condominiale non costituisce violazione della privacy

L’amministratore ha l’obbligo di raccogliere le informazioni per aggiornare l’anagrafe condominiale e il condomino non può opporsi.

La recente sentenza del Tribunale di Roma conferma che la richiesta di dati per l’aggiornamento dell’anagrafe condominiale non viola la normativa sulla privacy. Il provvedimento ribadisce l’obbligo dell’amministratore di condominio di raccogliere e aggiornare tali informazioni, in conformità con l’articolo 1130 del Codice civile.

Precedenti giurisprudenziali

In passato, il Tribunale di Roma aveva già affrontato una questione analoga in merito alla richiesta della lista dei condòmini morosi. In quel caso, il giudice aveva chiarito che l’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice civile impone all’amministratore di comunicare ai creditori insoddisfatti i dati dei condòmini morosi. La norma, essendo inderogabile, escludeva qualsiasi limite derivante dalla normativa sulla privacy, come confermato anche dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali nella nota del 26 settembre 2008. Questo principio è stato ulteriormente ribadito nella sentenza n. 1190/2024 del Tribunale di Roma, che ha dissipato ogni dubbio sull’assenza di vincoli legati alla tutela della riservatezza.

La richiesta dati

Il Tribunale di Roma ha respinto la contestazione di un condomino che riteneva illegittima la richiesta dell’amministratore di fornire i dati necessari per l’aggiornamento dell’anagrafe condominiale. Il giudice ha chiarito che l’articolo 1130, comma 1, numero 6, del Codice civile impone l’obbligo all’amministratore di mantenere aggiornato il registro dell’anagrafe condominiale, contenente le generalità dei proprietari e dei titolari di diritti reali e personali di godimento. I condòmini hanno l’obbligo di comunicare per iscritto ogni variazione dei dati entro sessanta giorni. In caso di mancata o incompleta comunicazione, l’amministratore può richiedere le informazioni tramite lettera raccomandata e, se dopo trenta giorni non riceve risposta, può acquisire direttamente i dati necessari, addebitandone i costi al condomino inadempiente.

Cosa succede se l’amministratore non aggiorna l’anagrafe?

L’articolo 1130 del Codice civile stabilisce che, in caso di mancata collaborazione da parte del condomino entro trenta giorni dalla richiesta, l’amministratore è tenuto ad acquisire autonomamente le informazioni necessarie, addebitandone il costo al responsabile. Questo non è un semplice adempimento, ma un obbligo giuridico, la cui inosservanza può costituire motivo di revoca dell’amministratore. Infatti, l’articolo 1129 del Codice civile, al numero 7, qualifica la mancata ottemperanza agli obblighi previsti dall’articolo 1130, comma 6, come una grave irregolarità, giustificando quindi la rimozione dell’amministratore dal suo incarico.

La sentenza conferma che la normativa sulla privacy non può essere invocata per ostacolare l’aggiornamento dell’anagrafe condominiale, trattandosi di un obbligo imposto dalla legge. Questo principio garantisce maggiore trasparenza nella gestione condominiale e tutela i diritti di tutti i condòmini e dei creditori.

Autore

  • “Avvocato già iscritto all’Albo presso l’Ordine degli Avvocati di Torino. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Torino con tesi in materia di Big Data e rispetto del Regolamento Europeo per la protezione dei dati personali (GDPR). Specializzato in diritto della privacy, diritto penale e responsabilità civile”.

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