Sistemi di videosorveglianza fittizi per gli amministratori: esaminiamo il quadro normativo e le implicazioni per gli amministratori
Non sempre è possibile installare un impianto di videosorveglianza “vero” per motivi economici o per mancanza di consenso da parte dei condomini. In tali casi, alcuni optano per le telecamere finte, ritenendole un deterrente efficace contro i malintenzionati, che vedendo un sistema di videosorveglianza, anche se di fatto non funzionante, potrebbero desistere dai loro scopi. Ma le telecamere finte in condominio sono legittime?
La risposta non è univoca. Sebbene il GDPR non si applichi in quanto non vi è trattamento di dati personali, la loro installazione potrebbe comunque risultare illegittima. Vediamo perché.
Cosa dice il Garante sull’installazione di telecamere finte in condominio?
L’installazione meramente dimostrativa di telecamere non funzionanti, anche se non comporta trattamento di dati personali, può determinare forme di condizionamento nei movimenti e nei comportamenti delle persone in luoghi pubblici e privati e pertanto può essere legittimamente oggetto di contestazione. Questo è l’orientamento fatto proprio dal Garante della Privacy fin dalla prima pronuncia sul tema nel 2004.
Si può sostenere che le telecamere finte non sono di per sè vietate dal GDPR. Infatti non essendovi alcuna ripresa, non vi è neppure alcun tipo di trattamento dei dati personali, fattore questo che renderebbe di per sé inapplicabile la normativa privacy, come ribadito anche dal Garante nella Faq n. 16 sulla Videosorveglianza. Se non fosse per due fattori fondamentali:
- Il così detto affidamento incolpevole che queste potrebbero indurre nelle persone, le quali vedendo le telecamere finte potrebbero sentirsi al sicuro e agire di conseguenza, abbassando la guardia e il livello di sicurezza;
- La creazione di forme di condizionamento nei comportamenti delle persone, che potrebbero orientare i loro atteggiamenti e i loro movimenti a causa della percezione di essere riprese;
- La presenza di cartelli informativi poi che indicano la presenza di telecamere, anche se finte, potrebbe configurare un’ingannevole rappresentazione della realtà, con conseguenti richieste di risarcimento danni da parte di chi si è sentito indotto in errore. Questo inganno può creare un falso senso di sicurezza tra i residenti e visitatori, che potrebbero prendere decisioni basate sull’erronea convinzione di essere protetti da un sistema di videosorveglianza.
Si consiglia, pertanto, al fine di evitare ogni tipo di contestazione, di informare i condòmini in modo chiaro e trasparente, dell’eventuale installazione di telecamere fittizie all’interno del condominio, in modo tale da evitare condizionamenti e affidamenti che possano incidere sul loro stato di attenzione e abbassare il loro livello di guardia.
Quali alternative alle telecamere finte?
- Sistemi di videosorveglianza “veri”: sebbene richiedano un investimento iniziale più elevato e specifiche maggioranze, è chiaro che sistemi di sorveglianza veri offrono una deterrenza reale e la possibilità di acquisire immagini utili per le indagini in caso di reato;
- Illuminazione adeguata: un buon sistema di illuminazione esterna può scoraggiare i malintenzionati;
- Controllo degli accessi: l’installazione di cancelli automatici e videocitofoni può limitare l’accesso incontrollato al condominio;
In conclusione, le telecamere finte in condominio non rappresentano una soluzione priva di rischi. Infatti, l’installazione di telecamere finte può essere vista come un atto di inganno. Le persone che frequentano il condominio possono essere portate a credere di essere sorvegliate, il che può alterare il loro comportamento.
Prima di installarle, è fondamentale valutare attentamente le implicazioni legali e adottare misure alternative o integrative per garantire la sicurezza del condominio.
Autore
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“Avvocato già iscritto all’Albo presso l’Ordine degli Avvocati di Torino. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Torino con tesi in materia di Big Data e rispetto del Regolamento Europeo per la protezione dei dati personali (GDPR). Specializzato in diritto della privacy, diritto penale e responsabilità civile”.
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