Telecamere private e GDPR: quando è legittimo sorvegliare spazi pubblici e comuni

Il Garante della Privacy chiarisce le condizioni per l’installazione di telecamere private che riprendono aree esterne all’abitazione. Sorveglianza consentita solo in caso di rischio reale e documentato, nel rispetto del GDPR.

Il Garante per la protezione dei dati personali ha recentemente emesso, il 6 giugno 2024, un provvedimento che affronta il tema delle telecamere installate da privati e che riprendono anche spazi esterni all’abitazione. Il provvedimento chiarisce in modo dettagliato le condizioni che ne legittimano l’uso.

Il caso in esame

Il provvedimento nasce da una controversia legata all’installazione da parte di un privato di quattro telecamere per monitorare la propria abitazione e le relative pertinenze, oltre a una parte di strada pubblica che dava accesso alla proprietà. Questa installazione era stata contestata da un vicino, che la considerava una violazione del proprio diritto alla riservatezza.

Il Regolamento Ue 2016/679 (GDPR), nel considerando 18 e all’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), stabilisce che le riprese effettuate per scopi strettamente personali o domestici non ricadono sotto la sua applicazione. Tuttavia, quando tali riprese includono spazi pubblici o comuni, esse sono soggette alle normative del GDPR.

L’applicazione del GDPR

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza dell’11 dicembre 2014 (C-212/13), ha chiarito che le riprese che includono spazi pubblici non possono beneficiare delle eccezioni per scopi domestici e devono quindi rispettare tutte le disposizioni del GDPR. Ciò significa che, in assenza di un rischio effettivo e proporzionato, è illegittimo per un privato sorvegliare aree pubbliche o comuni.

Nel caso specifico, il provvedimento ha confermato che la normativa sulla privacy è applicabile. Viene inoltre evidenziato che le Linee Guida 3/2019 del Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) consentono, in presenza di un rischio reale e documentato, come atti vandalici o minacce, l’estensione del campo visivo delle telecamere oltre l’ambito privato. Tuttavia, tali riprese devono essere giustificate, proporzionate e limitate alle necessità di sicurezza, rispettando il principio di minimizzazione dei dati previsto dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera c) del GDPR, che impone che i dati raccolti siano adeguati, pertinenti e non eccessivi rispetto alle finalità perseguite.

Le condizioni che legittimano l’installazione

Nel caso analizzato, le telecamere erano state installate dopo una serie di atti vandalici e minacce nei confronti della madre del proprietario, documentati da denunce alle autorità. Di conseguenza, è stata ritenuta legittima la sorveglianza di aree adiacenti, come la strada pubblica vicina all’abitazione, per garantire la sicurezza della proprietà e delle persone. Tuttavia, il Garante ha comunque sanzionato il titolare per aver conservato le immagini oltre i limiti previsti dal GDPR, violando il principio di limitazione della conservazione, sancito dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera e). Secondo tale principio, i dati personali devono essere conservati solo per il tempo strettamente necessario e non oltre 7 giorni.

L’obbligo di informativa tramite cartellonistica

Un ulteriore aspetto importante trattato nel provvedimento riguarda l’obbligo di apporre cartelli informativi nelle aree videosorvegliate, visibili anche di notte, come previsto dall’articolo 13 del GDPR. Tali cartelli devono informare chiaramente le persone della presenza delle telecamere e delle modalità di trattamento dei dati, incluse le finalità e i tempi di conservazione delle immagini. La mancata apposizione di un’informativa adeguata costituisce una violazione del GDPR, come evidenziato dal provvedimento n. 244 dell’8 giugno 2023.

Rischio reale e documentato

In conclusione, un privato può installare telecamere che riprendano anche aree pubbliche solo in presenza di un rischio reale e documentato, già denunciato alle autorità competenti. In questi casi, il trattamento dei dati deve rispettare i principi di proporzionalità e minimizzazione, limitando le riprese alle sole finalità di sicurezza e garantendo che le immagini siano conservate per il tempo strettamente necessario. Il provvedimento rappresenta un’importante apertura da parte del Garante rispetto a quanto indicato nelle FAQ del 2020, dove alla domanda n. 10 si affermava che fosse vietato riprendere spazi comuni o pubblici da parte di privati.

Autore

  • “Avvocato già iscritto all’Albo presso l’Ordine degli Avvocati di Torino. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Torino con tesi in materia di Big Data e rispetto del Regolamento Europeo per la protezione dei dati personali (GDPR). Specializzato in diritto della privacy, diritto penale e responsabilità civile”.

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